Sono onorata quanto sorpresa di essere qui a dire la mia, pubblicamente, a raccontare qualcosa di me in questa bella pagina di storia sociale e di responsabilità collettiva che è Imprenditore non sei solo.
Per chi mi conosce, sono una persona sobria, motivo per cui il mio biglietto da visita può suonare più o meno così: attempata professionista (di sicuro lo sono in confronto alle giovani energetiche presenze nell’associazione); esperta di Risorse Umane; trentina di nascita ma da vent’anni romana; mai sposata; no figli; tardiva zia di due splendide gemelle di quattro anni; un anno di presenza in INSS, entrata quindi in tempo per conoscere il mondo delle aule prima che il covid ce le soffiasse da sotto il naso.
Ecco, sono “rotolata” dentro a questa bellissima Associazione l’ottobre scorso, quasi per caso, anche se il caso lo sabbiamo bene non esiste, o comunque se c’è la sa più lunga di noi.
Un amico mi ha letteralmente trascinato ad un discovery day, quella ben nota giornata di primo assaggio delle attività e della filosofia che ispira l’Associazione.
Sì, letteralmente di forza, non era infatti un periodo di grande apertura per me, tuttavia sono rimasta folgorata dalla disarmante semplicità e nello stesso tempo dalla forza assoluta dei messaggi e delle testimonianze che ho sentito.
Ho capito che funziona così, banalmente… c’è qualcuno che in un certo momento soffre, fa fatica, ed ha la voglia e il coraggio di reagire (gli stessi che ha già avuto quel dì, nel momento in cui ha acceso il suo sogno e ha fondato la sua impresa); e poi c’è qualcun altro di fronte a lui che ha il “saper fare”, ma soprattutto la serenità – e la lucidità – per incidere positivamente sulla sua situazione, può dunque condividere quella sua fortuna.
Perché nulla di quello che abbiamo è scontato, né a mio parere un pieno diritto.
Allora basta farlo. Mettersi a disposizione.
Io quel giorno ricordo di aver sentito una gran paura (…oddio sarò in grado? mi rimbombava nella testa) ma anche l’eccitazione di poter dare un aiuto reale, l’occasione per me di essere significativa, importante per qualche persona. E mi sono buttata.
I grandi cambiamenti si sa ci covano dentro, magari a lungo, dipende dalla loro portata e dalla nostra resistenza, ma infine arrivano e ci trasformano. Dunque circa un anno fa ho lasciato. Ho collaborato per anni con un’azienda ma le nostre strade si sono divise. Non rispondevo più ai bisogni dell’azienda evidentemente, né lei intercettava più i miei. Molti l’hanno considerato un salto nel vuoto, oggi io non lo ritengo tale ma una scelta impegnativa certamente sì lo è stata. Da un lato mi sono riappropriata del mio tempo e delle mie energie, dall’altro però ho perso la collegialità, la dimensione importante di fare le cose “con gli altri”. In ogni caso ho trattenuto le mie competenze, che sono il mio vero patrimonio. Quella mia carriera è stata un’esperienza fondamentale per me e molto formativa, nelle organizzazioni complesse si impara davvero molto, si sviluppa tanta visione sistemica, l’arte di considerare sempre “il tutto”, e si impara ad ancorare la realtà alla misura, cioè ai numeri, e ai programmi. Nel farlo ci si appassiona tanto, credetemi, seppure spesso nel tempo la competizione ci si usura. Io lo ero, usurata, e non volevo più spegnere la mia vena creativa.
Nella mia nuova vita sto dedicandomi ora ai miei sogni di un tempo, in particolar modo alla scrittura.
Fu così dunque, nel pieno dell’incertezza e perché no pure dell’ansia di avviare una nuova identità professionale e far partire i miei nuovi progetti creativi, che sono “capitombolata” in Associazione.
Non è stato semplicissimo all’inizio, troppo condizionata dalla mentalità della grande azienda super organizzata su tutto sono stata un po’ disorientata dall’alto tasso di proattività necessario per stare al passo con le attività crescenti (da cose banali come il trovare i documenti all’orientarsi tra le diverse competenze altrui) perché qui in Associazione si è immersi in un fiume di energie pirotecniche a volte anche scomposte ma ho presto imparato ad averne una diversa meraviglia, quella con cui si assiste ad un cantiere gioioso tanto operoso e aperto, in cui tutti, ma proprio tutti, possono portare il loro contributo. In questo ambiente di persone diversissime tra loro la cosa meravigliosa è che tutti sono “con” l’altro, non esiste competizione, solo una viva partecipazione e l’allineamento allo stesso risultato, rialzare chi è in difficoltà.
Con animo un po’ frastornato ma allegro mi sono allora pian piano riavvicinata alle mie passioni, la cura della persona in primis, concetto che qui si illumina di significati concreti, reali, non è solo salotto intellettuale (come a volte accadeva nel mio mondo precedente) ma pura azione quotidiana.
E ho ridato così vita al mio ruolo di coach, un diploma chiuso nel cassetto fatto di competenze tanto desiderate e studiate ma mai messe in pratica intensamente, ora viceversa questo mio ruolo ha preso forza nelle dinamiche quotidiane, quando interagire efficacemente con l’assistito è davvero fondamentale, quando fargli sentire la fiducia altrui o fargli scoprire e sostenere un diverso dialogo con se stessi può davvero rappresentare la svolta.
Con grande entusiasmo voglio allora dire qui, in modo chiaro a tutti i lettori, che questa associazione ancora giovane ma con tante energie fa veramente bene alla salute. Di tutti. Non solo degli associati, che con enorme dignità e intelligenza stendono la mano in cerca di aiuto e lo ottengono, ma anche dei medesimi volontari. Perché chi si mette in soccorso dell’altro qui impara tantissimo, e a volte salva pure se stesso.
E’ con questo spirito che ringrazio l’Associazione per avermi incoraggiato con il riconoscimento di volontario del mese, certa che chiunque verrà a seguire avrà lo stesso spirito negli occhi, nella mente e nel cuore.
Angela Rossi